Descrizione
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La Ginestra
La ginestra è una pianta molto diffusa nel territorio di Fardella e ha rappresentato per lungo tempo una risorsa preziosa per la comunità locale. I fardellesi la raccoglievano in diverse zone del paese, come alla Serra Cerrosa, San Vito e San Marco, per ricavarne a stuppë, il filo di ginestra, attraverso un processo artigianale di bollitura e battitura dei rami.
Oltre a essere impiegata nella produzione del filo, la ginestra veniva utilizzata anche per legare la vigna, grazie alla sua resistenza e flessibilità.
(Tracce di Storia a cura di Antonio Appella, 2004)
Approfondimento
La lavorazione del filo di ginestra
Fino agli anni ‘50, molte donne di Fardella si riunivano per realizzare il filo di ginestra, che serviva molto spesso per tessere pezzi di corredo alle figlie, come per fare coperte, tovaglie, asciugamani e sacchi per il grano e la paglia.
Questo filato ottenuto dalla fibra estratta dalla pianta di ginestra (Spartium junceum), appartenente al gruppo delle fibre liberiane, attualmente è tornato ad essere molto apprezzato nella produzione di tessuti ecologici utilizzati per tendaggi, guanti, tappeti e accessori, ma anche per capi d'abbigliamento se nobilitata attraverso una specifica lavorazione.
Il procedimento per la lavorazione del filo di ginestra è il seguente:
Si raccoglie la ginestra quando non è né troppo dura né troppo morbida, da marzo ad ottobre ad esclusione del periodo di fioritura nei mesi di maggio e giugno.
Si creano dei mazzetti che si legano con un filo di ginestra;
Si mettono a bollire i mazzetti in una cavëdarë finché diventa morbida, circa per un’ora;
Si mettono a bagno i mazzetti di ginestra per circa 4 o 5 giorni, fino a quando si riesce a togliere la buccia esterna facilmente. Normalmente la fase di ammollo avveniva al Torrente Cannalia, bloccando i mazzi di ginestra con una pietra sopra per evitare che la corrente li trascinasse via;
Si toglie la buccia esterna con le mani. Nel passato le donne si riunivano per svolgere questa fase di lavorazione insieme;
Si batte su una pietra con un bastone di legno fino ad ammorbidire la massa;
Si bolle più di una volta per renderla più bianca e si fa asciugare al sole;
Si passa sulcardė, una sorta di pettine con denti di ferro, fino a farla diventare molto simile alla lana prima di essere filata;
Si fila con il fuso, per ottenerea stuppë, nome dialettale che indica il filo di ginestra. Alcune donne, che avevano qualche soldo in più, durante la filatura mischiavano un filo di ginestra e un filo di cotone per rendere il filo e quindi i capi meno ruvidi;
Si uniscono i fili di ginestra per creare dei gomitoli.
Una volta ottenuto il filo, si tesseva al telaio. Molte donne fardellesi possedevano un telaio e sapevano tessere, chi non lo sapeva fare chiedeva alle donne esperte, offrendo in cambio ortaggi o grano. Il risultato di questa lavorazione artigianale era un tessuto inizialmente molto ruvido e di colore beige, che con l’uso e i frequenti lavaggi diventava progressivamente più bianco e morbido. Molte donne ancora conservano nelle loro case pezzi di corredo fatti con il filo di ginestra.
Il filo di ginestra è stato lavorato dalle donne fino agli anni ‘50 all’incirca, quando con più possibilità economiche hanno avuto la possibilità di acquistare altri tipi di tessuto e creare corredi con meno fatica comprando direttamente le stoffe. Di conseguenza anche i telai sono caduti in disuso e sono stati bruciati o mangiati dai tarli per inutilizzo.
Georeferenziazione
Indirizzo: Fardella, Potenza, Basilicata, Italia
Quartiere:
Circoscrizione:
CAP: 85034